Le Colonie
Le colonie d'infanzia dell'Italia fascista

ARNE WINKELMANN

 































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Arne Winkelmann


LE COLONIE COME STRUMENTO POLITICO

Le prime colonie d'infanzia furono istituite in Italia alle fine del 19esimo secolo dalle organizzazioni cattoliche di assistenza come l'Opera Don Bosco o l'Opera Bonomelli. Il meglioramento delle condizioni di salute dei bambini costituiva l'obiettivo principale delle colonie. Le malattie causale dalla scarsità di aria salubre, luce e la malnutrizione erano trattati, nelle colonie, con bagni di sole, attività fisica e una corretta alimentazione.


Nel 1920 le colonie furono integrate e potenziate dal nuovo piano programmatico del regime fascista; le attività furono inquadrate alla luce di tre nuove direttive. La centralità del concetto di "Volkskörper" ("corpo del popolo") affermava la superiorità fisica di una nuova generazione, che era prioritaria rispetto alla forza e alla salute del singolo.
In secondo luogo, l'organizzazione nazionale dei giovani Balilla (Opera Nazionale Balilla), sostituita nel 1937 dalla GIL (Gioventù Italiana del Littorio), aveva un carattere chiaramente paramilitare. I bambini indossavano uniformi, erano dotati di un fucile di legno e organizzati in gerarchie militari. Svolgevano esercitazioni e una serie di rituali militari quali l'alzabandiera e il giuramento di fedelità, erano istruiti al culto dei loro comandanti. Le colonie contribuivano alla formazione dei Balilla e avevano l'obiettivo di trasformarli in soldati, fisicamente e moralmente. Il governo fascista nazionalizzó tutte le colonie private o gestile dalla Chiesa, assicurandosi che nessun'altra organizzazione potesse esercitare alcuna influenza sui bambini.

Balilla

In terzo luogo, le colonie avevano lo scopo di indottrinare ideologicamente i bambini e di creare un legame emotivo con il regime fascista. Questo avveniva da un lato attraverso l'istruzione politica quotidiana dei bambini, dall'altro sviluppando un sentimento affettivo nei confronti della figura "paterna" del Duce. Soprattutto il legame affettivo con il regime e, in particolare con Mussolini, lasciava un'impressione estremamente positiva del soggiorno alle colonie e, in seguito, questa era idealizzata in un "mondo meraviglioso", cosi come si ritrova nelle memorie dello scultore Eduardo Paolozzi (Cities of Childhood, 1988, p. 10).

Immagine propagandistica per soggiornio in colonia

È inoltre importante ricordare che, nel corso del 1920, i maggiori industriali italiani videro nelle colonie, dove ai figli dei propri dipendenti venivano trasmessi la disciplina e il senso di appartenenza all'azienda, uno strumento per formare la futura manodopera. Molte aziende tra cui FIAT, Olivetti, Piaggio e Montecatini realizzarono e gestirono le colonie allo scopo di formare una forza lavoro sana, efficiente e fedele. Essendo un paese ancora sottosviluppato dal punto di vista industriale, l'Italia recuperava in quegli anni il paternalismo industriale che altre nazioni europee avevano vissuto decenni prima.
La "colonia" era inoltre intesa come un'estensione del concetto di "Lebensraum" (spazio vitale). Anche se il termine "Colonia marina" esisteva già da molto prima del 1920, sotto il fascismo acquisi un nuovo significato. Al termine della prima guerra mondiale, la colonizzazione di nuove terre fu uno dei pilastrì del programma fascista: un'aggressiva politica di espansione portó all'annessione delle colonie e alla creazione di nuove città in patria, le 'Città Fondazione'. La bonifica delle paludi lungio le inospitali coste adriatiche e tirreniche con il programma di edificazione delle colonie, segnó, per il fascismo, un passo significativo nella realizzazione dello "spazio vitale" in Italia. Il regime fascista creava di fatto una "nuova terra" per la sua popolazione attraverso un'espansione dentro l'Italia stessa. La città lineare del Calambrone comprende una serie di colonie d'infanzia che si estende lungo la fascia costiera da Pisa verso Livorno.

Calambrone - città delle colonie

Agli inizi degli anni '30, il programma di espansione delle colonie portó alla costruzione accelerata di nuove strutture lungo le coste (colonie marine), in montagna (colonie montane), nelle aree rurali o periferiche delle città (colonie elioterapiche).  
La maggioranza delle colonie fu costruita in stile razionalista/modernista. Generalmente l'attenzione verso l'architettura degli edifici razionalisti si è concentrata sulle caratteristiche strutturali e spaziali, mentre le implicazioni iedologiche sono state raramente oggetto di discussione. La prossimità dell'architettura delle colonie sia allo stile 'razionalista', espressione del totalitarismo, sia allo Stile Internazionale, espressione della democrazia liberale, fu pocco affrontata. Lo stile moderne e avanguardistico delle Colonie era parte integrante della propaganda politica.

Colonia marina "Principi di Piemonte", Santa Severa

Esistono alcune analogie tra l'organizzazione strutturale e la gerarchia militare dei Balilla. I Balilla erano organizzati in unità sul modello dell'esercitio romano. L'unità più piccola è la squadra con 11 bambini, tre squadre costituiscono un manipolo, tre manipoli formano una centuria di 100 bambini, tre centurie costituiscono una coorte e tre coorti formano l'unità più grande, con 900 persone, la legio. Nelle colonie, solitamente i bambini erano allogiati in camerate di 11-33 posti letto, secondo la dimensione di una squadra o manipolo. Su ogni piano o ala dell'edificio, i dormitori eran spesso suddivisi in gruppi di tre. Molte colonie hanno capienza di una coorte, mentre le colonie più grandi, quali ad esempio la Colonia Novarese di Rimini o la Colonia "XXVIII Ottobre" di Cattolica, possono ospitare na legio. L'organizzazione dello spazio nei dormitori secondo unità militari riflette l'austerità e la tipologa degli alloggi per le truppe.

Colonia marina "XXVIII Ottobre" dei Fasci di combattimento di Torino, Marina di Massa, piano terreno

 


Colonia marina "XXVIII Ottobre", Cattolica, piano terreno

Un altro aspetto che emerge dalla somiglianza tra i dormitori delle colonie e gli accampamenti militari, riguarda lo svolgimento delle operazioni di massa. L'architetto e storico Michele Anderle parla di "meccanizzazione dell'uomo" durante il fascismo, dove l'individuo svolge solo una funzione anonima all'interno di una macchina più grande. Tale immagine può essere trasferita all'organizzazione strutturale delle colonie. Queste erando infatti nettamente suddivise in sezioni funzionali: le aree di servizio come cucine, lavanderie e uffici amministrativi erano separati dalle zone riservate ai bambini, i dormitori dei ragazzi divisi quelli delle ragazze (quando non si trattava di colonie esclusivamente destinate a maschi o femmine); gli aspetti della vita quotidiana degli ospiti, come dormire, mangiare e lavarsi erano condivisi e colletivizzati. Allo scopo di radunare e, succesivamente, disperdere i bambini in modo rapido, gli edifici erano dotati di ampie rampe, spesso curve o a forma di spirale, come si riscontra nelle colonie "Montecatini" e "Varese". La differenziazone funzionale, le chiare geometrie, lo spazio parzialmente panottico soncentivano un attento controllo delle attività all'interno delle colonie. Nelle colonie "Roberto Farinacci" a Cremona, o "Maria Pia di Savoia" a Vercelli la rassomiglianza delle strutture con elementi appartenenti alla macchina è la prova evidente di come i temi della meccanizzazione e dell'automazione siano caratteristici dell'architettura delle colonie.


Colonia elioterapica "Roberto Farinacci", Cremona © Arne Winkelmann

Colonia elioterapica "Maria Pia di Savoia", Vercelli © Dan Dubowitz

Il motivo della macchina svolge un ruolo importante nella funzione simbolica dell'architettura. Nelle Colonia "XXVIII Ottobre" di Cattolica e "Amos Maramotti" di Riccione domina il tema navale: le forme monumentali degli edifici evocano esplicitamente degli scafi, le scale semicircolari sono prue, le ringhiere e le rampe ricciamano parapetti e passerelle, oblò e pennoni sottolineano il motivo nautico. La metafora della nave è un tema ricorrente nell'architettura moderna. È l'alba di una nuova era, di un'utopia sociale e di uni stato di euforia nei confronti della tecnologia e del progresso. A tutto ció, si sovrappore la figure della nava da guerra. La Colonia "XXVIII Ottobre" ricorda una piccola flotta da guerra intorno a un edificio centrale; la raffigurazione prende spunto da un cartolina dell'epoca, intitolata "Nave Ammiraglia". La forma compatta dei quattro dormitori ricorda maggiormente i cacciatorpedinieri e gli incrociatori piùttosto che una nave passegeri. Anche la scala-torre della "Colonia Novarese" ricchiama una torretta o una plancia, che spicca dal ponte. Se a ció aggiunge l'immagine dei Balilla nelle uniformi della marina, il quadro di una generazione pronta a combattere una guerra navale si completa.

Colonia marina "XXVIII Ottobre", Cattolica

cartolina, Colonia marina "XXVIII Ottobre", Cattolica

Colonia marina Novarese, Rimini

 
L'architettura delle colonie rappresentava per il regime fasicsta un'icona politica. I simboli fascisti, gli emblemi e gli slogan propgandistici erano ampiamenteraffigurati negli edifici. I piazzali per le sfilate erano progettati per mostrare le file dei Balilla che marciavano con lo sguardo rivolto in alto a un pulpito o a un balcone, il quale era contornato da un'ampia facciata. Su queste superfici spiccava l'iscrizione con il nome della colonia, l'anno di fondazione secondo il calendario fascista in numeri romani con l'aggiunta di EF per "Era Fascista" (esempio: XII EF = 1934) e i 'fasci', il simbolo romano composto da un fascio di verghe di betulla e una scure, emblema nazionale dell'Italia fascista.

Colonia montana "Montemaggio", Savignone



Colonia marina "Rosa Maltoni Mussolini", Tirrenia

 

L'insieme di questi elementi architettonici, il pulpito, la piazza d'armi, le rampe, l'organizzazione militare dello spazio coronato da fasci e iscrizioni romane confluviano nella perfetta scenografia della propaganda fascista. L'elemento archittetonico del "fascio" è riccorente in molteplici forme: puó presentarsi come una struttura separata, in forme di scale o torri cilindriche scanalate o come schema complessivo, come nella Colonia "Rosa Maltoni Mussolini" a Tirrenia. Il "fascio" spesso appare in gruppi di tre, come emblema su balconi e ingressi. L'architettura delle colonie serviva anche a mantenere i simboli politici e gli emblemi omnipresenti, in modo che i giovani ospiti potessero in ogni momento avere chiaro a chi dovevano essere grati per il loro soggiorno e devoti. Da questi esempi è evidente che anche nel vocabolario dell'architettura moderna, ci sono stati momenti di manipulazione e deliberato oscurantismo. L'architettura della modernità, che si suppone universale e libera da condizionamenti storici, è assoggetta all'affluenza del totalitarismo. Ne risultano edifici che inneggiano alla guerra e alla violenza, strumento di controllo di un'interna generazione che al regime fascista ha giurato fedeltà.

un manipolo Balilla in uniforme

 

Questa homepage si tratta di una rassegna tipologica dell'architettura delle colonie d'infanzia dell'Italia fascista. Non serva glorificazione né edulcorazione o idealizzazione del regime fascista e il suo ideologia, ma una fonte per analisi critici del discorso.

 
 
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